Si apre così la dichiarazione da brivido, come la definisce oggi il quotidiano libero, la dichiarazione del capo della polizia italiana Gabrielli. In'affermazione ovvia quanto inquietante, detta da chi sta ai vertici di una istituzione che dovrebbe garantire ai massimi livelli la sicurezza del nostro paese. Il ministro Minniti, che in questi giorni pare orientato verso prese di posizione sul controllo dei migranti sicuramente finalizzate anche all'individuazione di quelle frange terroristiche che vi si trovano annidate, dovrebbe attuare anche un maggior controllo sui suoi sottoposti imponendo loro di agire di più e parlare di meno. Quello di continuare ad esporsi mediaticamente ü da sempre un vezzo che però mal si addice, diversamente dai politici, a coloro che non hanno alcuna necessitä di fare interventi del genere. Dovrebbero invece dare maggiori spiegazioni sulle attivitä di prevenzione fatte. Troppe volte negli altri paesi europei duramente toccati da attacchi terroristici si poi appreso che chi aveva sferrato l'attacco era noto ai servizi di sicurezza, alla polizia, che erano stati ricevuti avisi eccetera eccetera....ma che non era stato alla fine fatto nulla per impedire che si compissero stragi! Viene quindi da domandarsi, ritengo legittimamente, a cosa servano gli enormi impieghi di risorse finanziare ed umane per la cosiddetta "intelligence" se poi i risultati sono spesso scarsi se non addirittura nulli perché nessuno, né la polizia né altri, agiscono conseguentemente ed in modo determinato. È successo in Belgio a Bruxelles, per gli attentati reiterati in Francia a Parigi e da ultimo, con non poco imbarazzo per la polizia tedesca che ha dimostrato tutta la sua incapacità, per quanto accaduto in Germania a Berlino.
Non del tutto condivisibili sono alcuni commenti apparsi in questi giorni sulla stampa italiana che imputano l'inefficienza della polizia tedesca, ed in particolare la scarsa interazione di questa con i servizi di sicurezza, ai timori di ritorno ad uno stato di polizia memori da un lato degli accadimenti del periodo nazista prima e di quello comunista poi, per la parte caduta fino al 1989 sotto il controllo sovietico. Lo dimostrano a mio avviso i fatti accaduti in questi giorni ad Istambul e Smirne, in una Turchia che non può certo vantare un sistema poliziesco che si possa definire democratico ma che si rivela incapace di prevenire o addirittura, come nel caso dell'uccisione dell'ambasciatore russo, vede proprio uno dei suoi uomini delle forze dell'ordine quale autore dell'attentato.
Riporta al riguardo Libero.it:
Per la Germania adattare le proprie norme di sicurezza ai nuovi standard anti terrorismo potrebbe rivelarsi una questione più spinosa del previsto. La prova è stata il mancato arresto di Anis Amri, segnalato dalle forze di polizia per ben sette volte nel corso del 2016 ma tutte le volte lasciato libero per mancanza di prove solide. Il vero problema della Germania è il suo passato prima nazista e poi comunista: queste due situazioni così autoritarie hanno creato una sorta di repulsione da parte della nazione nei confronti dello Stato di polizia. È ormai dalla caduta del muro che le istituzioni hanno delle difficoltà a inasprire i controlli, sia sul piano politico che su quello legale. Al giorno d'oggi la polizia e i servizi di sicurezza in Germania non collaborano, anzi sono due attività fortemente separate, per evitare appunto una struttura troppo invadente.
Thomas de Maizière, ministro degli Interni tedesco, ha proposto una riforma radicale della sicurezza. Secondo il Corriere della Sera il ministro vorrebbe centralizzare le attività di sicurezza, conferendo in questo modo più poteri alle agenzie federali e meno a quelle regionali, delle Land. Il vero problema è sul piano legale: ridistribuzioni di potere così invasive avrebbero sicuramente bisogno di emendamenti alla Costituzione. Inoltre, non appena de Maizière ha proposto la propria legge l'opposizione politica è insorta, non solo in difesa del garantismo ma anche tra i governatori delle Land che non vogliono perdere centri di potere. L'opinione pubblica e i grandi giornali sembrano invece favorevoli a una riforma adatta all'era del terrorismo islamico.
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