giovedì 5 gennaio 2017

CIE sì .... CIE no: la proposta di Minniti per nuovi centri di identifiacione ed espulsione divide


Divide i politici e gli amministratori locali la proposta del ministro degli Interni Minniti di istituire piccoli centri per l'identificazione e l'espulsione (CIE) di immigrati che non hanno diritto di restare sul territorio italiano. Emblematico tra gli alri il commento del grillino Di Maio su Twitter.


Premesso che il ministro in questione, così come tutto il governo di cui fa parte, non gode affatto della mia fiducia e non ne apprezzo i toni incerti delle poche interviste sinora fatte che non ritengo consoni per chi deve infodere sicurezza e dare cetezze alla popolazione, questa nuova iniziativa non può non essere condivisa e non sono per niente giustificati gli atteggiamenti polemici di chi si dice contrario.

Da un lato tutti gridano allo scandalo perché non si provvede ad un'adeguata identificazione dei migranti che stanno invadendo il nostro paese, con l'espulsione di coloro che in base alle norme vigenti non avrebbero diritto di permanervi, e dall'altro quando un ministro prende una seria iniziativa per porre un freno a questa situazione che sta generando di giorno in giorno, in particolare per la possibile presenza di terroristi islamici tra i migranti stessi, c'é chi ha il coraggio di opporti!

Qualcuno d'altro canto si è persino, ironicamente, domandato se ora anche Minniti sia da considerare razzista alla stregua di Salvini ed altri:

Ma cosa sono razzismo e xenofobia?

Anche qui occorre forse fare ancora una volta un pò di chiarezza perché tra i due estremi di "buonista" e "razzista" ci sono sicuramente delle colorazioni intermedie, non agevolmente etichettabili, di chi semplicemente che si rispettino da un lato i diritti umani delle persone coinvolte indipendentemente dalla razza, dalla religione e dalla fede religiosa così come enunciato nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, sottoscritta anche dall'Italia, che testualmente recita:
Articolo 2 - Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità. 
Sul concetto poi di "razzismo" che viene dai più sempre demonizzato per adeguamento al comune sentire che, piuttosto, per convincimento personale occorre a mio avviso riflettere che non può essere indiscriminatamente considerato come un valore negativo; lo è certamente se ci si limita al colore della pelle, alla provenienza geografice, alla diversità di lingua e cultura rispetto alle nostre: questi ed altri simili concetti erano propri di una civiltà passata, risalente addirittura ai tempi degli antichi greci che definivano "barbari" coloro che parlavano na lingua diversa, provendendo da altri paesi (cfr. Treccani - Enciclopedie on line):
Xenofobia ed etnocentrismo in età antica e modernaFin dall'antichità molti popoli o gruppi sociali tesero a chiudersi agli altri, escludendo o discriminando i diversi, con un atteggiamento che si può definire xenofobo o etnocentrico più che razzista in senso proprio, per la mancanza di un esplicito riferimento a una superiorità biologica: i fondamenti della propria presunta superiorità erano linguistici, culturali, religiosi. Greci e romani definivano 'barbari' i popoli che non parlavano la loro lingua (bar-bar indicava onomatopeicamente il loro balbettio incomprensibile); l'Europa cristiana perseguitò e ghettizzò per secoli gli ebrei, accusati dell'uccisione di Cristo. Una prima forma di razzismo biologico si presentò dopo la scoperta dell'America, per giustificare lo sfruttamento schiavistico di indios e africani deportati: nel 16° sec. J. Ginés de Sepúlveda distingueva gli uomini (spagnoli) dagli homunculi (indios), simili all'uomo, ma in realtà inferiori e bestiali.
Che conclude con la seguente descrizione sull'infondatezza di un concetto di razzismo basato sull'intelligenza o altri elementi di superiorità biologica ma che, al tempo stesso, non esclude una forma di possibile razzismo di tipo cultura che potrebbe però risultare applicabile anche all'internbo della propria nazione e con soggetti della medesima razza biologica:

L'infondatezza del razzismo
I più recenti studi di genetica (L. Cavalli Sforza) dimostrano che le differenze tra le razze sono minime, inferiori a quelle tra gli individui di una stessa razza, e soprattutto che l'intelligenza è uguale in tutte le razze. L'umanità deriva da un unico ceppo che dall'Africa si diffuse nei vari continenti, rafforzando in ogni ambiente i caratteri più adatti e dividendosi pertanto in tipi differenti. L'ONU condannò il razzismo con la Dichiarazione sulla razza dell'UNESCO (1950) e con una Convenzione del 1965 che definì discriminazione razziale ogni differenza, esclusione e restrizione dalla parità dei diritti in base a razza, colore della pelle e origini nazionali ed etniche. Nel 2000 il 21 marzo fu proclamato giornata mondiale contro il razzismo, in memoria dell'eccidio di 69 neri nel 1960 a Sharpeville (Sudafrica). Organizzazioni umanitarie non governative, come SOS Razzismo, nata in Francia ma operante in tutto il mondo, anche in Italia (dal 1989), si battono per sconfiggere il razzismo e ogni forma di discriminazione. Da anni l'Unione Europea invita con direttive gli Stati membri a dotarsi di leggi antidiscriminazione.





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